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Un gatto può guarire da una reazione autoimmunitaria verso i globuli rossi?

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    Il mio gatto ha fatto già due trasfusioni ed ora è immunodepresso con il cortisone per evitare che distrugga i suoi globul rossi.
    Può guarire?
     
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    Micia

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    Siccome gli umani possono guarire, suppongo possano farlo anche i gatti, considerato anche che il tuo sta già subendo dei trattamenti, ma probabilmente non tutti i farmaci sono idonei allo loro cura, siccome alcune sostanze hanno effetti diversi da specie a specie. Inoltre suppongo sia estremamente costoso curare un gatto. :/

    La terapia che sta seguendo il tuo gatto, nel caso degli umani, consiste nel ridurre gradualmente i livelli di cortisone somministrati nella speranza che la reazione non si ripresenti. Un'interruzione improvvisa del trattamento può causare una crisi e tra gli effetti collaterali della terapia basata sul cortisone ve ne sono vari gravi, che in tempi più o meno lunghi, se ignorati, possono portare alla morte o peggiorare la qualità della vita in modo significativo e pertanto il paziente va costantemente monitorato durante il trattamento.

    Nel caso degli umani il paziente viene stabilizzato nel primo mese e poi si inizia a ridurre la quantità di cortisone somministrata.

    Gli effetti collaterali del cortisone sono quasi tutti evidenti e molti possono essere confusi con semplice stress; ulcere e osteoporosi sono tra i meno evidenti e più debilitanti. Il tuo gatto potrà sembrare irritabile, non dormire o dormire poco, cambiare le abitudini alimentari o ingrassare senza averle cambiate: è il cortisone.

    Vi sono varie forme di anemie causate da reazioni autoimmuni verso i globuli rossi e se il veterinario ha scelto il cortisone, probabilmente è la terapia che ha maggiori probabilità di successo. Spesso queste reazioni sono presenti in contemporanea a patologie legate soprattutto a reni e milza, ma per far sopravvivere il paziente resta indispensabile contrastare l'azione degli anticorpi.

    Tra le varie forme di anemie emolitiche autoimmuni ve ne sono alcune contrastabili evitando il freddo. Alcune reazioni sono gravi, altre di scarsa rilevanza, alcuni pazienti non hanno ricadute, altri ne hanno una, altri ancora ne hanno di frequenti.

    Questa malattia è abbastanza rara negli umani, ma non saprei dire per quanto riguarda i gatti... Di certo è assai più raro che qualcuno si sprechi a curare un gatto.

    Non ho idea di quanto durerà la terapia, ma di per se dovrebbe già "guarirlo", tenendo sotto controllo gli anticorpi che distruggevano i globuli rossi. La causa di questa malattia non è pienamente conosciuta.

    Per informazioni dettagliate puoi provare a leggere qui (tratta degli umani, sui gatti non ho trovato niente che c'entrasse davvero):

    www.astem.it/le-anemie/anemie-emolitiche-autoimmuni



    Oppure prova qui:

    www.treccani.it/enciclopedia/autoimmunita/

    www.benessere.com/salute/disturbi/autoimmunita.htm

    www.medicina360.com/malattie-autoimmuni.html

    http://it.wikipedia.org/wiki/Anemia_emolitica_autoimmune
     
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    Grazie
    In genere nei gatti l'anemia è secondaria ad una infestazione di un parassita che ciclicamente attacca i globuli rossi e l'antigene che lascia sulla parete cellulare fa sviluppare una reazione immunitaria contro i globuli rossi.
    Col tempo però il parassita diventa meno pericoloso e si elimina con la doxiciclina (prescritta da veterinario).
    Per impedire la reazione immunitari ha prescritto 5 +5 mg di cortisone al dì.
    La prima trasfusione, senza cortisone è stata neutralizzata in poche ore. La seconda trasfusione + cortisone ha avuto esito positivo inoltre sembra che il midollo stia producendo i globuli che sono saliti in 48 ore dal 20 al 26 %.
    Inoltre per stimolare la produzione stiamo somministrando eritropoietina (EPO dei ciclisti) 3 volte a settimana.

    Il veterinario però pensa che sia una reazione immunitaria primaria

    Insomma nell'immediato ero un po tranquillo, ma oggi il gatto ha dormito tutto il giorno ed è astenico, il che mi fa temere una nuova reazione immunitaria.
    Domani deve fare un altro ematocrito e vedremo che andamento si stia verificando.

    Mi ha tranquillizzato un poco il leggere che la terapia col cortisone lunghetta e ridotta molto gradualmente in genere è sufficiente a ridurre o debellare la reazione autoimmune.

    L'esame di domani è molto importante


     
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    I globuli rossi che erano saliti a 26% sono ridiscesi al 19%. Non è un valore da trasfusione, ma comunque è un segnale molto brutto.

    Nela caso dell'anemia emolitica autoimmune la scelta terapeutica è condizionata dalla diagnosi della causa quindi riveste primaria importanza una DIAGNOSI DFFERENZIATA

    In ordine di gravità si distinguono le seguenti causei:

    1) FeLV (una forma di AIDS Felina) che sfuggirebbe all'esame perché il virus è stato confinato nel midollo. (Solo sot-
    toponendo un aspirato midollare ad IFA o coltura cellulare è possibile dimostrare un’infezione latente.)
    Per tale ragione i globuli rossi prodotti dal midollo sarebbero portatori dell'antigene del virus sulla membrana cellulare e quindi attaccati dal sistema immunitario (fagociti)i che li riconoscerebbero come virus e non come eritrociti propri.
    Il problema non sembra risolvibile, perché se si deprime il sistema immunitario con il cortisone si bloccherebbe l'emolisi, ma anche la reazione anticorpale al virus che rinvigorisce, si diffonde in tutto il corpo, ed il gatto diventa una fonte formidabile di contagio, rilasciando dosi virali enormi nell'ambiente.
    Terapia molto problematica

    2)Idiopatica ossia una anemia primaria dovuta ad un'alterazione del sistema immunitario (un forma di Lupus)
    Terapia con immuno-soppressori

    In effetti per completezza:

    3) Infeziona da parassita, il più comune è l'Emobartellosi, ma sta prendendo la Doxiciclina di copertura
    Terapia con antibiotici, come la Doxiciclina

    4) Neoplasia Linfoide FeLV negativa e mieloidi (evenienza rara)
    Terapia (non so , ma credo quelle tumorali, citostatici, ecc...)

    Purtroppo non ci sono farmici specifici per i retrovirus o sono sperimentali. Interferone felino, antivirali...(???

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    Aggiornamenti sulle infezioni retrovirali nei gatti
    Leah A. Cohn
    DVM, BS, PhD, Dipl ACVIM, Columbia, USA
    53° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC 77
    78 53° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC


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    www.ivis.org
    International Congress of
    the Italian Association of Companion
    Animal Veterinarians
    May 19 – 21 2006
    Rimini, Italy
    Next Congress : 62nd SCIVAC International Congress & 25th anniversary of the SCIVAC Foundation
    May 29-31, 2009 - Rimini, Italy
    Reprinted in IVIS with the permission of the Congress Organizers

    Introduzione
    Le infezioni da retrovirus del gatto sono diffuse a livello
    mondiale e rappresentano ancora una causa importante di
    morbilità e mortalità dei felini da compagnia. Queste malattie
    possono colpire una percentuale qualsiasi fra lo 0 ed il 40%
    dei gatti di una data popolazione, a seconda della regione geografica
    e del tipo di vita degli animali. Quelli che vivono soltanto
    in casa e che provengono da strutture da riproduzione
    chiuse sono raramente infetti, mentre quelli liberi di vagabondare
    lo sono più spesso. I gatti randagi non hanno maggiori
    probabilità di essere infetti rispetto a quelli di proprietà, ma
    quelli che vivono all’aperto hanno molte più probabilità di
    contrarre l’infezione rispetto a quelli che vengono tenuti sempre
    in casa. Queste differenze sono in gran parte dovute alla
    disponibilità di comodi metodi di esame che hanno consentito
    di eliminare i gatti infetti dalle popolazioni chiuse. Anche la
    vaccinazione può avere un certo ruolo nella diminuzione dell’incidenza
    dell’infezione nei gatti da compagnia ben curati.

    Retrovirus felini
    I retrovirus hanno la capacità esclusiva di utilizzare una
    “transcriptasi inversa” per trascrivere il loro materiale genetico
    da RNA a DNA all’interno di una cellula ospite infetta.
    Questi virus integrano il proprio materiale genetico con
    quello dell’ospite per il resto della vita di quest’ultimo. Esistono
    parecchi sottotipi di retrovirus come gli Oncornaviridae
    (così chiamati per la loro propensione alla trasformazione
    neoplastica dei tessuti infetti), i Lentiviridae (così chiamati
    per la lentezza dell’insorgenza delle malattie che inducono)
    e gli Spumaviridae. Questi tipi virali sono specie-specifici
    per quanto riguarda l’ospite ed i gatti sono suscettibili
    a parecchie infezioni retrovirali differenti. Clinicamente, il
    virus della leucemia felina (FeLV, un oncornaviridae) e quello
    dell’immunodeficienza felina (FIV, un lentiviridae) sono
    la causa più importante di malattia nel gatto.

    Virus della leucemia felina
    FeLV è stato scoperto per la prima volta nel 1964. I test
    diagnostici divennero facilmente disponibili agli inizi degli
    anni ’70 e i vaccini commerciali anti-FeLV si diffusero a
    metà degli anni ’80. Nella maggior parte dei casi, la leucemia
    felina è una malattia dei gattini e dei gatti giovani, benché
    possano essere colpiti soggetti di qualsiasi età e sesso. Le sindromi
    cliniche sono rappresentate da una immunodeficienza
    con infezione secondaria, soppressione midollare e malattia
    neoplastica. Si verificano sia la trasmissione orizzontale che
    quella verticale. Nella trasmissione è tipicamente coinvolto lo
    stretto contatto che si verifica durante la toelettatura reciproca,
    mentre il ruolo dei fomiti è solo minimo. Esistono parecchi
    possibili esiti dell’esposizione: guarigione, infezione
    latente o viremia persistente. I gattini hanno maggiori probabilità
    di sviluppare una viremia persistente rispetto ai gatti
    adulti, ma l’esito dell’esposizione dipende da molti fattori.
    L’infezione latente implica che le particelle virali sono sequestrate
    nel midollo senza causare viremia. È possibile che queste
    infezioni si rendano manifeste a distanza di molti anni,
    spiegando così i casi di gatti che sono stati tenuti in casa senza
    contatti con altri animali della stessa specie per anni, ma
    che sviluppano una malattia FeLV-correlata in una fase più
    avanzata della vita. Nei gatti con viremia persistente è probabile
    lo sviluppo di una viremia palese entro un periodo di
    tempo relativamente breve dopo l’infezione, ed un terzo circa
    della totalità dei gatti infetti muore entro un anno.
    La malattia clinica varia notevolmente, in parte a seconda
    del sottogruppo di FeLV che causa l’infezione. In prossimità
    del momento dell’infezione si può osservare una malattia
    lieve, ma i gatti si riprendono e restano sani per un certo
    periodo di tempo. Quelli con infezione persistente sviluppano
    infine un’infezione secondaria sostenuta da una varietà di
    microrganismi, presentano anemia o pancitopenia o vanno
    incontro ad una malattia neoplastica come il linfoma timico,
    renale e del SNC. Occasionalmente si osservano altre manifestazioni
    (ad es., glomerulonefrite, infertilità, aborto).
    I risultati dell’esame emocromocitometrico completo, del
    profilo biochimico e dell’analisi dell’urina dipendono dalle
    manifestazioni della malattia secondaria e non sono specifici
    di FeLV. L’anemia macrocitica è indicativa di FeLV, ma le
    anemie possono essere di natura normocitica, rigenerativa e
    non rigenerativa. Nei gatti con leucemia secondaria palese
    vengono identificate cellule blastiche circolanti. Il test per la
    diagnosi dell’infezione da FIV va eseguito in ogni gatto
    malato e va anche consigliato al momento dell’arrivo di un
    nuovo gatto in famiglia o come controllo periodico nei gatti
    che vivono all’aperto. Il test diagnostico più comunemente
    utilizzato per la diagnosi di FeLV è un’ELISA finalizzato a
    rilevare l’antigene P27 del core virale. Poiché questo test
    diventa positivo prima che il materiale genetico del virus venga
    incorporato nelle cellule staminali midollari, i gatti positivi
    possono eliminare l’infezione e tornare ad uno status negativo.
    Quindi, tutti i gatti che risultano positivi al test ELISA
    devono essere sottoposti ad un nuovo esame dopo 2 o 3 mesi,
    oppure alla conferma mediante immunofluorescenza (IFA)
    della presenza di materiale genetico virale incorporato nelle
    cellule. L’infezione latente non può essere individuata
    mediante test ELISA o IFA su campioni di sangue. Solo sot-
    toponendo un aspirato midollare ad IFA o coltura cellulare è
    possibile dimostrare un’infezione latente. In commercio si
    trovano test PCR attendibili per l’infezione da FeLV.
    Non esiste alcuna terapia. I gatti sani con infezione da
    FeLV devono essere tenuti in casa sia per prevenire l’esposizione
    di altri gatti che per proteggerli dall’infezione secondaria.
    È essenziale vigilare per garantire il mantenimento di
    routine dello stato di salute, prestando attenzione anche alla
    vaccinazione ed alle cure dentali. Le infezioni secondarie
    vanno identificate risalendo alla loro origine e trattandole
    aggressivamente con agenti microbicidi appropriati. La neoplasia
    FeLV-associata può essere trattata mediante chemioterapia
    o radioterapia secondo le modalità più appropriate
    per il tipo di tumore in causa. L’anemia associata a FeLV è
    spesso difficile da trattare
    . L’infezione secondaria da M.
    haemofelis va esclusa, e i casi accertati di anemia immunomediata
    vanno trattati mediante immunosoppressione. Come
    intervento di sostegno si può utilizzare la trasfusione di sangue.
    Alcuni gatti rispondono all’eritropoietina umana ricombinante
    (100 unità/kg SC tre volte alla settimana). Spesso è
    stata tentata l’immunomodulazione, ma esistono poche prove
    cliniche controllate che dimostrino l’utilità di queste terapie.
    La proteina A stafilococcica (10 g/kg IP due volte alla
    settimana) ha determinato un miglioramento soggettivo in
    gatti malati con infezione da FeLV. I soggetti con duplice
    infezione da FeLV e FIV hanno dimostrato un certo miglioramento
    con IFN-omega felino ricombinante (1[M]/kg/die
    SC per 5 giorni in 3 serie ai giorni 0, 14 e 60).
    L’ideale è tenere in casa gatti non infetti che vivano solo
    con altri gatti non infetti. Per l’infezione da FeLV è disponibile
    la vaccinazione, che però va praticata solo ai gatti FeLVnegativi.
    Come per tutti i vaccini, al suo impiego sono correlati
    dei potenziali rischi (compreso il sarcoma del punto di
    vaccinazione) ed è necessario valutare individualmente il
    rapporto rischio:beneficio; quella contro FeLV non è una
    delle vaccinazioni di base dei gatti adulti a basso rischio.
    Sembrano essere ugualmente efficaci sia i vaccini inattivati
    che quelli a subunità, ma la vaccinazione non è mai completamente
    efficace e si possono avere degli insuccessi dovuti
    ad una varietà di ragioni.



    Virus dell’immunodeficienza felina
    FIV è stato scoperto per la prima volta nel 1987 e pochissimo
    tempo dopo sono stati resi disponibili i test diagnostici
    di routine. Il primo vaccino anti-FIV è stato rilasciato nel
    2002. Il virus determina principalmente una malattia dei gatti
    adulti, con i maschi infettati più frequentemente delle femmine.
    Benché possa esistere, la trasmissione verticale non è
    epidemiologicamente importante. Invece, la malattia si diffonde
    tipicamente attraverso lo stretto contatto fra gatti, specialmente
    in associazione con i comportamenti da combattimento
    dei gatti maschi adulti. Dopo l’infezione iniziale il
    virus si replica nel tessuto linfoide (compreso il timo) e salivare,
    con successiva disseminazione ad altre sedi. Man mano
    che il gatto sviluppa una risposta immunitaria parzialmente
    efficace, il numero di particelle virali circolanti diminuisce e
    l’animale sembra sano. Alla fine, spesso dopo molti anni, si
    ha un graduale deterioramento della funzione immunitaria.
    Infine, si osservano infezioni secondarie e malattie associate,
    che esitano nella fase terminale della malattia.
    Come nel caso di FeLV, i segni clinici variano notevolmente.
    L’infezione acuta di solito è silente, ma può causare
    febbre autolimitante, neutropenia e linfoadenopatia. I gatti
    restano tipicamente in buone condizioni per molti anni, prima
    di sviluppare infine infezioni secondarie o complicazioni
    di malattie. I quadri più comuni sono rappresentati da febbre
    ricorrente, anoressia, perdita di peso, malessere, oculopatie
    infiammatorie, gengiviti e stomatiti, infezioni secondarie
    del tratto gastroenterico, respiratorio e urinario o persino
    neoplasie maligne. Occasionalmente, le manifestazioni neurologiche
    di FIV vengono identificate senza altre affezioni
    infettive o neoplastiche del sistema nervoso.
    I test per la diagnosi dell’infezione da FIV vanno effettuati
    in qualsiasi gatto malato e sono consigliati al momento
    dell’adozione di un nuovo gatto in famiglia o come controlli
    periodici nei gatti che vivono all’aperto. Benché negli stadi
    finali dell’infezione si possano osservare linfopenia e
    trombocitopenia, certamente si tratta di riscontri aspecifici.
    Analogamente, le anomalie del profilo biochimico o dell’analisi
    dell’urina non sono specifiche, e probabilmente riflettono
    i processi patologici secondari. I test di routine per la
    diagnosi di FIV ricercano anticorpi sierici piuttosto che l’antigene.
    I test ELISA sono facilmente disponibili ed hanno
    buona sensibilità e specificità. Sfortunatamente, l’identificazione
    degli anticorpi non permette di distinguere fra quelli
    che si sono formati in seguito ad un’autentica infezione e
    quelli acquisiti mediante il trasferimento passivo dalla
    madre oppure attraverso la vaccinazione. I gattini positivi
    devono essere riesaminati dopo aver raggiunto l’età minima
    di 6 mesi. Come per qualsiasi altro test, si possono avere
    risultati falsi positivi e falsi negativi. Per confermare la presenza
    degli anticorpi anti-FIV si può utilizzare il metodo
    Western Blot, che però non consente comunque di stabilire
    se l’origine dell’anticorpo è un’autentica risposta all’infezione.
    I gatti infettati di recente o gravemente immunodepressi
    possono rispondere negativamente al test a dispetto
    dell’infezione. L’identificazione del virus mediante PCR
    non è disponibile come procedura di routine.
    Non esiste alcuna cura per l’infezione da FIV. I gatti infetti
    e sani devono essere tenuti in casa mantenendo costanti le
    cure sanitarie di routine, comprese le cure dentarie di routine
    e la vaccinazione. I gatti malati necessitano di una diagnosi
    pronta e del trattamento delle complicazioni secondarie.
    È stata tentata l’immunomodulazione, ma mancano prove
    controllate. Le manifestazioni neurologiche possono
    rispondere alla terapia antiretrovirale (AZT, 15 mg/kg PO
    BID), ma sono comuni gli effetti collaterali.
    Per FIV esiste una vaccinazione, ma è prevedibile che i
    gatti vaccinati rispondano poi positivamente ai test per la
    diagnosi dell’infezione, e bisogna quindi identificarli chiaramente
    (microchip o tatuaggio). La necessità di vaccinare i
    gatti che hanno scarse probabilità di azzuffarsi con i conspecifici
    (come quelli che vivono in casa), è discutibile.


    Indirizzo per la corrispondenza:
    Leah Cohn - University of Missouri
    College of Veterinary Medicine, Columbia, MO, USA, 65211
    ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

    ulteriore lavoro molto interessante sui retrovirus felini
    www.lemmari.it/LineeGuidaAAFPretrovirus2008TRAD.pdf
     
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    L'esame PCR sul sangue per cercare tracce genetiche del retrovirus della FeLV è negativo.
    La PCR è un test per la ricerca di tracce genetiche, molto sensibile che difficilmente sbaglia.
    Purtroppo andava fatto sul midollo, ma non l'abbiamo trovato questo benedetto midollo osseo.
    Però penso anche che con il cortisone fatto che immunodeprime, il virus si sarebbe diffuso anche nel sangue, almeno le sue tracce antigeniche....BOH???

    Comunque forse c'è da pensare... almeno un pochino ...che non abbia la FeLV. Se così fosse le speranze salirebbero ed il gatto potrebbe rigenerare del nuovo miodollo distrutto per chi sa quali cause...

    In effetti è quello che sembra osservando il grafico, che riporto per comodità di consultazione:



    Infatti (a parte la crisi ultima di sabato sera) la curva mostra una tendenza alla riduzione della pendenza in discesa, un tratto piatto a 15% e poi leggeri incrementi sia prima che dopo la crisi.
    Anzi la risalita dopo la crisi pare abbia una pendenza maggiore e questo in coerenza con l'ipotesi che il midollo si stia rigenerando. Sempre crisi a parte . La crisi non agirebbe sul midollo, ma solo sui globuli già circolanti...probabilmente non ben maturi o con difetti
    Certo sono pochi punti (lo so) ed anche valori %­lmente bassi, ma i dati appaiono coerenti e non dispersi nel grafico...quindi di una certa affidabilità...

    Se il midollo si stesse rigenerando e cominciasse a produrre globuli rossi e magari pure di migliore qualità, forse anche le crisi emolitiche potrebbero diminuire di numero e di intensità...sempre che i due fenomeni siano in qualche modo collegati.
    Se poi la melatonina faccia qualcosa o meno sulla rigenerazione del midollo è difficile da valutare. Comunque non dovrebbe far danni...e sostiene...

    Ricordo che non sono statai trovati valori significativi di anticorpi anti eritrociti da giustificare crisi emolitiche autoimmuni...

    Se i due aspetti non fossero collegati allora ci pensa l'antibiotico di copertura che abbiamo ripreso a somministrare, ma prevedendo un periodo più lungo (3, 4 settimane) come da protocollo per infezioni del sangue,... perchè dovremmo ricadere nell'ipotesi di infezione opportunista (tipo Bartonella.... o simile). Ma manca l'indizio dell'ittero... mmmmh

    Siamo sempre nelle ipotesi, perché come vedete non abbiamo una diagnosi ed ogni esame risulta negativo... Solo sospetti...

    Da lunedì, dopo la 4a trasfusione non abbiamo più monitorato la percentuale di eritrociti, ma data la situazione non saprei cosa fare in caso di discesa ed in assenza di una diagnosi provata. Tanto vale continuare con la linea terapeutica scelta e sperare che il midollo si rigeneri e che le crisi emolitiche siano meno gravi.

    Con alti e bassi, il gatto non soffre, appare certamente un poco astenico, ma gioca, fa le fusa e mangia in maniera smodata...

    No possiamo fare altro.

    PS: Le ultime indagini PCR ed Elettroforesi hanno permesso di escludere una FeLV
    Intanto è stata richiesta una consulenza ematologica per fare chiarezza sulla causa dell'anemia aplastica e crisi emolitiche extravascolari (senza ittero) le urine sono solo un poco più scure.

    Edited by oivluf - 20/6/2015, 12:00
     
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    Per i gatti non esiste il trapianto di midollo.
    Ad una leucemia da aplasia midollare purtroppo non ci sono terapie.
     
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